Studi aperti ma cantieri chiusi. L’impatto della Covid19 sulla professione di ingegnere in Sardegna.
Non è un buon momento per nessuno, ma in particolare il settore professionale degli ingegneri sta subendo un forte impatto a causa delle misure anticontagio Covid-19.
Non è un buon momento per nessuno, ma in particolare il settore professionale degli ingegneri sta subendo un forte impatto a causa delle misure anticontagio Covid-19.
“Visto il blocco di due mesi dell’attività in cantiere, la ripercussione sugli studi professionali del settore è grave – ha spiegato all’agenzia di stampa Chartabianca il presidente OIC Sandro Catta – considerato anche che almeno un quarto del fatturato (circa il 25%) mediamente, è dato da questi lavori. Sul fronte delle progettazioni, invece, il rallentamento è considerevole, e se pensiamo che corrispondono a circa il 30-40% del fatturato degli studi professionali, le stime generali ci portano a ragionare su un 10-15% di perdita annuale”
Gli studi, in particolare rimangono aperti, ma l’attività risulta quasi dimezzata: “I cantieri sono fermi, il lavoro in smart working rallenta le attività e portare avanti le progettazioni è sempre più difficile”.
I dati di Inarcassa, sin dal 2016 evidenziano come il settore in Sardegna si caratterizzato da studi che in media fatturano 20mila euro annui.
“Abbiamo ricevuto segnalazioni di singoli professionisti che hanno difficoltà addirittura nel quotidiano – ha detto Catta –, e in questi casi non si può andare avanti un giorno di più. Forse la generalità degli studi riuscirà, in una certa misura, a tamponare per 30-60 giorni e magari in questa fase concentrare le proprie attività sulle scadenze progettuali che si possono portare avanti. Ma se le progettazioni possono comunque essere portate avanti – prosegue Catta – i cantieri sono quasi tutti sospesi se si eccettuano quei pochi strategici consentiti dai decreti. Questo perché le prescrizioni suggerite dalle linee guida emanate dal Ministero delle Infrastrutture e trasporti sono sostanzialmente impossibili da attuare: non si trovano sul mercato le mascherine o le soluzioni per l’igienizzazione delle mani; non è di semplice applicazione l’attività di igienizzazione certificata e ripetuta degli spazi di servizio come bagni, mense o uffici; si richiede la misura della temperatura corporea di ciascun operaio all’ingresso del cantiere e non si trovano al momento in commercio strumenti di misura laser. Tutto questo certifica di fatto il fallimento delle direttive”.