Opere precarie: tutto quello che devi sapere per evitare abusi edilizi e sanzioni
In Italia le opere precarie seguono criteri di temporaneità, funzione e rimozione, con regole nazionali e varianti locali tra moduli unificati e giurisprudenza recente.

Nel contesto dell’edilizia italiana, il concetto di opera precaria è spesso oggetto di interpretazioni errate o superficiali, con il rischio concreto di incorrere in abusi edilizi anche in buona fede. Che si tratti di un gazebo stagionale, di una pedana per locali all’aperto o di una struttura mobile da cantiere, conoscere le regole che ne disciplinano funzione, durata e autorizzazione è fondamentale. In questo articolo analizziamo in modo approfondito cosa si intende per opera precaria, quali sono i requisiti tecnici e normativi per rientrare in questa categoria, e cosa dice la giurisprudenza più recente in merito, con particolare attenzione alle novità del 2024 e 2025.
In Italia le opere precarie seguono criteri di temporaneità, funzione e rimozione, con regole nazionali e varianti locali tra moduli unificati e giurisprudenza recente.
Le opere precarie sono strutture edilizie a destinazione temporanea, realizzate per rispondere a esigenze stagionali o contingenti. Vanno rimosse entro un periodo prestabilito per non alterare in modo permanente l’assetto territoriale. Restano escluse dalla classificazione come “nuove costruzioni”, purché rispettino particolari requisiti normativi e formali.
Il riferimento basilare è l’art. 6, comma 1, lettera e‑bis del Testo Unico Edilizia (D.P.R. 380/2001), aggiornato nel 2020 dal “Primo Decreto Semplificazioni”: definisce tali opere come “dirette a soddisfare esigenze contingenti e temporanee, rimuovibili entro un termine — generalmente 90, talvolta 180 giorni — previa comunicazione all’amministrazione comunale”. La presentazione di una CIL/CILA allo Sportello Unico è obbligatoria per avviare i lavori.
Modulistica unificata nazionale
Dal maggio 2025 è entrata in vigore la modulistica unificata nazionale, obbligatoria per tutti i Comuni dal 23 maggio, con possibilità di utilizzo anche dove non recepita da Regioni entro il 9 maggio. Ciò garantisce uniformità nelle pratiche e facilita la comunicazione dell’inizio lavori.
La giurisprudenza recente, tra TAR e Consiglio di Stato, ha chiarito due criteri decisivi per distinguere un’opera precaria da una stabile:
- Criterio funzionale, prevalente: l’opera è precaria solo se destinata a soddisfare un bisogno oggettivamente temporaneo, non per decisione soggettiva.
- Criterio strutturale: seppur meno determinante, l’opera non deve alterare stabilmente lo stato dei luoghi, neanche se amovibile.
Consiglio di Stato del 23 aprile 2025 (sent. 3508/2025)
Una pronuncia del Consiglio di Stato del 23 aprile 2025 (sent. 3508/2025) ha ribadito che conta la funzione dell’opera: gazebo, container o tettoie devono rispondere a esigenze chiaramente temporanee, altrimenti richiedono il permesso di costruire.
Opere precaria in zona sismica
In zone sismiche, anche le opere precarie devono rispettare le norme antisismiche e ottenere le dovute autorizzazioni sismiche, come puntualizzato dalla Corte di Cassazione a luglio 2025. Questo obbligo vale salvo rare esenzioni, ed è parte integrante della conformità edilizia, insieme a vincoli paesaggistici e igienico‑sanitari.
Come distinguere le opere precarie dalle costruzioni stabili
Distinguere le opere stagionali dalle vere costruzioni è fondamentale: secondo il TAR Campania (sentenza 4036/2024), la stagionalità implica rimozione ricorrente ogni anno, senza opere murarie; altrimenti vale il regime dell’edilizia libera.
In sintesi, prima di installare un’opera precaria bisogna:
- Definire obiettivi temporanei e limitati.
- Comunicare avvio lavori con modulistica CIL/CILA unificata.
- Garantire rimozione nei tempi indicati (90–180 giorni).
- Rispondere ai requisiti tecnici in zone sismiche o vincolate.
- Rispettare l’uso oggettivo, non dichiarazioni soggettive.
Il mancato rispetto di questi criteri può trasformare l’opera in abuso edilizio, con conseguenze penali (art. 44 T.U. edilizia, Cassazione penale sent. 846/2020)
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