FASE 2: quanto possono essere utili gli ingegneri dell’informazione?
Nei giorni scorsi il CNI ha trasmesso al Mise, il documento predisposto dal Comitato Italiano Ingegneria dell’Informazione (C3I).
Pochi giorni fa il CNI ha scelto di trasmettere al Ministro Patuanelli un elaborato documento a firma del Comitato Italiano Ingegneria dell’Informazione (C3I). Il documento snocciola tutta una serie di proposte specifiche che, nelle intenzioni del CNI, devono portare il Governo a prendere misure si semplificazione burocratiche e a garantire la rapidità degli investimenti strategici.
In questo scenario, si legge nel documento del CNI, risulta fondamentale il settore dell’ ICT (Tecnologie riguardanti i sistemi integrati di telecomunicazione, i computer, le tecnologie audio e video, e relativi software destinate allo scambio delle informazioni).
Per quale motivo le infrastrutture informatiche sono cosi importanti nella fase 2?
Le infrastrutture digitali sono senza dubbio un servizio strategico per l’Italia. Asset che devono garantire la sicurezza, i servizi, l’istruzione, il lavoro e diversi altri aspetti fondamentali.
Questa importanza viene evidenziata dal CNI che ha scelto di sottoporre al Governo la necessità che nella Fase 2 si diffonda una nuova cultura e che figure professionali regolamentate e riconosciute, come gli ingegneri dell’informazione, possano svolgere e seguire tutte le procedure di supporto alla Pubblica amministrazione.
Qual’è l’importanza dell’ingegneria dell’informazione nella fase 2?
Per cominciare è stata rappresentata la necessità di prevedere, per i sistemi ICT nei settori strategici quali sanità, trasporti, energia, telecomunicazioni, finanza, che le fasi di progettazione, direzione lavori e collaudo, come in altri settori, vengano svolte da professionisti iscritti agli Ordini, in particolare gli Ingegneri dell’Informazione, specialisti della materia, al fine di evitare carenze da un punto di vista di efficienza, efficacia ed affidabilità dei sistemi in questione.
In secondo luogo, occorre introdurre un ulteriore requisito professionale. Secondo il CNI è necessario prevedere per l’iscrizione negli elenchi nazionali degli Innovation Manager una precedente registrazione in un albo professionale.
“Come CNI – si legge nella nota – chiediamo che l’iscrizione al registro degli Innovation Manager sia riservata agli iscritti agli albi professionali in possesso di attestato di certificazione delle competenze che deve essere rilasciato da un ente formatore ufficialmente riconosciuto. Solo questi passaggi formativi istituzionalizzati infatti possono garantire il rispetto delle professioni e la garanzia di qualità che un periodo come questo richiede.