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Fisco

Le partite iva pagano più irpef di dipendenti Pubblici e Pensionati

Le partite Iva pagano il 30 per cento in più di Irpef all’anno rispetto ai dipendenti e il 67 per cento in più di quanto versano i pensionati.

Le partite iva versano più irpef di dipendenti Pubblici e Pensionati
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A qualcuno potrà sembrare strano, ma i diretti interessati, ovvero le partite Iva, lo sanno benissimo, perché il problema lo vivono in prima persona: il prelievo medio dell’Irpef sui lavoratori autonomi è nettamente superiore a quello in capo ai dipendenti e ai pensionati.

Secondo i dati relativi alle dichiarazioni dei redditi del 2018, infatti, l’Irpef media versata dai lavoratori autonomi è di 5.091 euro, quella in capo ai lavoratori dipendenti di 3.927 e quella dei pensionati di 3.047

In altre parole, le partite Iva pagano il 30 per cento in più di Irpef all’anno rispetto ai dipendenti e il 67 per cento in più di quanto versano i pensionati.

Sottolinea il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, Paolo Zabeo: “Crediamo sia importante chiarire questa questione per smentire una tesi molto diffusa, soprattutto in alcuni ambienti sindacali, secondo la quale in Italia le tasse sono onorate quasi esclusivamente da coloro che subiscono il prelievo fiscale alla fonte. Sia chiaro, nessuno nega che tra gli autonomi ci siano delle aree di evasione o di sottodichiarazione che, ovviamente, vanno assolutamente sradicate. I risultati di questa elaborazione, comunque, dimostrano in maniera inconfutabile che le partite Iva sono mediamente più tartassate degli altri contribuenti-persone fisiche”.

In linea di massima, possiamo affermare che il gap relativo al versamento medio Irpef tra queste 3 categorie di contribuenti è dovuto, in particolar modo, alla combinazione di 2 fattori:

  • avendo redditi da lavoro mediamente più alti dei dipendenti e dei pensionati, il prelievo Irpef sui lavoratori autonomi è superiore;
  • gli autonomi e i pensionati, in particolar modo quelli con redditi medio bassi, possono contare su detrazioni fiscali nettamente inferiori a quelle riconosciute ai dipendenti.

Dichiara il segretario della CGIA, Renato Mason: “Dopo aver deciso di tagliare il cuneo fiscale, rendendo così le buste paga dei lavoratori dipendenti più pesanti, a nostro avviso è auspicabile che il Governo Conte torni ad alleggerire il carico fiscale anche sulle piccole e micro imprese. Questo, indirettamente, avvantaggerebbe anche i lavoratori dipendenti, visto che in questi ultimi anni di difficoltà economica la stragrande maggioranza dei nuovi posti di lavoro è stata creata dalle attività imprenditoriali di piccola dimensione”.

Tornando ai numeri, l’Irpef è la principale imposta pagata dai contribuenti allo Stato italiano. A versarla sono solo le persone fisiche (lavoratori dipendenti, pensionati, lavoratori autonomi e titolari di altri redditi personali) e come risulta dalle dichiarazioni dei redditi del 2018 (anno di imposta 2017) questi soggetti danno all’erario 157,5 miliardi di euro all’anno; l’incidenza di questo gettito sul totale nazionale delle entrate tributarie è pari al 31,5 per cento.

I lavoratori dipendenti e i pensionati presenti in Italia sono oltre 36 milioni e 300 mila persone: assieme costituiscono l’88,2 per cento dei contribuenti Irpef presenti nel Paese e versano al fisco quasi 130 miliardi di euro (pari all’82,5 per cento del totale). Gli autonomi, invece, sono poco più di 4 milioni e 300 mila unità (pari al 10,5 per cento del totale contribuenti Irpef) e garantiscono al fisco 22 miliardi di euro di Irpef (il 14 per cento del gettito Irpef totale).

Anche in questo caso, sottolineano dall’Ufficio studi della CGIA, il confronto tra l’incidenza della percentuale dei contribuenti e quella sul gettito dimostra che i lavoratori autonomi sono sottoposti a una maggiore tassazione, e quindi più “spremuti”, degli altri.

A livello territoriale la regione che presenta il più alto numero di lavoratori attivi è la Lombardia (oltre 3.962.000 dipendenti e quasi 777.000 lavoratori autonomi) che, ricordiamo, ha oltre 10 milioni di abitanti. Subito sotto troviamo il Lazio, per quanto concerne il numero di lavoratori dipendenti (poco più di 2,1 milioni) e il Veneto, per quanto riguarda i lavoratori autonomi (attorno a 429.300). Il Veneto è al terzo posto a livello nazionale anche per il numero di lavoratori dipendenti (1,9 milioni), mentre l’Emilia Romagna si posiziona sull’ultimo gradino del podio per via della presenza di lavoratori autonomi (391.300). Anche il maggior numero di pensionati si concentra in Lombardia (quasi 2,5 milioni). Al secondo posto scorgiamo il Lazio (1.272.373) e al terzo il Piemonte (1.228.747).

Sul fronte del gettito Irpef per regioni, infine, il territorio che ne versa di più è la Lombardia. In termini assoluti con 35,9 miliardi di euro (pari ad una Irpef media pro contribuente di 6.220 euro).

Seguono il Lazio con 17,8 miliardi (Irpef media di 6.150 euro) e l’Emilia Romagna con 14,5 miliardi di euro (Irpef media 5.390 euro). In coda alla classifica scorgiamo la Puglia con una Irpef media per contribuente pari a 3.840 euro, la Basilicata con 3.720 euro e la Calabria con 3.650 euro.

Più in generale, concludono dalla CGIA, dal confronto con gli altri paesi europei emerge un risultato per noi molto sconfortante. Nel 2018 gli italiani hanno pagato 33,4 miliardi di euro di tasse in più rispetto all’ammontare complessivo medio versato dai cittadini dell’Unione Europea. Si tratta di un differenziale che “pesa” quasi 2 punti di Pil. In termini pro capite, invece, abbiamo corrisposto al fisco 552 euro in più rispetto alla media dei cittadini europei.

Da questa comparazione solo Francia, Belgio, Danimarca, Svezia, Austria e Finlandia hanno una pressione fiscale superiore alla nostra. La “sorpresa” viene da Parigi: ogni cittadino d’Oltralpe ha versato al fisco 1.830 euro in più rispetto a noi. In termini assoluti il divario fiscale è a noi favorevole e ammonta a 110,7 miliardi di euro. Rispetto agli altri principali competitori, invece, “soccombiamo” sempre. Se avessimo la pressione fiscale della Germania verseremmo 24,6 miliardi di tasse in meno (407 euro pro capite), dell’Olanda 56,2 (930 euro pro capite), del Regno Unito 114,2 (1.888 euro pro capite) e della Spagna 119,5 (1.975 euro pro capite).

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