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La capriata in architettura: elementi fondamentali

Elementi della capriata e concetti sulla staticità delle capriate. Guida completa per architetti e studenti d’architettura.

La capriata in architettura: elementi fondamentali
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La capriata, nota anche come incavallatura o cavalletto, rappresenta un fondamentale elemento architettonico, il cui utilizzo risale a secoli fa, prevalentemente costruito in legno. Questa struttura, caratterizzata da una rete di travi disposte in modo da formare un piano verticale, trova impiego primario nelle coperture a falde inclinate. Il suo design intrinsecamente triangolare, con l’elemento orizzontale detto catena che neutralizza le forze esercitate dai componenti inclinati, i puntoni, fa della capriata un esempio eccellente di struttura non spingente.

Questo significa che è in grado di sopportare carichi senza generare spinte orizzontali sull’edificio, un vantaggio significativo nell’architettura che richiede soluzioni per massimizzare lo spazio interno senza compromettere la stabilità strutturale.

  1. Particolarità di una capriata su un tetto alla lombarda.
  2. Statica della capriata
  3. La teoria classica delle strutture reticolari
  4. Teoria dell’elasticità
  5. Sei un architetto? La tua professione richiede un aggiornamento continuo?

Elementi della capriata e concetti sulla staticità delle capriate. Guida completa per architetti e studenti d’architettura.

  • Due puntoni (o braccia o biscantieri). I “puntoni”, noti anche come “braccia” o “biscantieri”, rappresentano le travi oblique fondamentali per stabilire l’inclinazione del tetto, giocando un ruolo cruciale nell’architettura della copertura.
  • Catena (o corda o tirante). La “catena”, alternativamente definita come “corda” o “tirante”, si distingue come l’elemento orizzontale chiave che forma la base del triangolo strutturale, cruciale per equilibrare le tensioni di trazione. Queste forze, se non opportunamente gestite, eserciterebbero una pressione orizzontale sui punti di supporto dei puntoni. Essendo l’elemento più lungo della capriata, la catena era tradizionalmente realizzata da un singolo pezzo. Tuttavia, in alcune istanze, veniva costruita unendo due segmenti rettilinei mediante un giunto speciale noto come “dardo di Giove”, una soluzione ingegnosa per massimizzare l’integrità e la resistenza strutturale.
  • Monaco (od ometto o colonnello). Il “monaco”, conosciuto anche come “ometto” o “colonnello”, svolge un ruolo fondamentale all’interno della capriata come elemento verticale incaricato di conferire rigidità all’intera struttura. Un avvicinamento tra il monaco e la catena non è un segnale trascurabile, bensì un chiaro indicatore di potenziali criticità strutturali, sottolineando l’importanza di questo componente nell’assicurare l’integrità e la stabilità del tetto.
  • Saette (o saettoni o contraffissi o razze o contropuntoni). Le “saette”, altresì denominate “saettoni”, “contraffissi”, “razze” o “contropuntoni”, rappresentano componenti strutturali angolati in maniera contraria rispetto ai puntoni. Questi elementi hanno il compito cruciale di mitigare la flessione dei puntoni, canalizzando verso il monaco le forze compressive a cui sono sottoposti. Attraverso questo meccanismo, le saette contribuiscono significativamente al mantenimento dell’equilibrio e alla distribuzione delle forze all’interno della capriata, salvaguardando l’integrità strutturale del tetto.
  • Controcatena. La “controcatena” si manifesta esclusivamente nelle strutture di capriate di vaste dimensioni, fungendo da collegamento orizzontale tra i puntoni in specifici punti intermedi. Questo elemento strategico è progettato per restringere la lunghezza di flessione libera dei puntoni, garantendo così una maggiore stabilità strutturale. Contrariamente a quanto il nome potrebbe suggerire, evocando l’idea di un elemento sotto tensione, la controcatena è invece soggetta a forze di compressione. Ciò è dovuto alla sua funzione di creare un sistema ad arco, simile a un arco a tre conci insieme ai sottopuntoni, che aiuta a distribuire e bilanciare le forze all’interno della capriata, contribuendo significativamente alla sua integrità e resistenza.
  • Le “sottocatene” e i “sottopuntoni” si riferiscono a travi di rinforzo strategicamente posizionate, rispettivamente, sotto o sopra la catena principale o i puntoni. Questi elementi aggiuntivi sono progettati per aumentare la resistenza e la stabilità della struttura, agendo come supporti supplementari che aiutano a distribuire il carico e a prevenire deformazioni indesiderate. In questo modo, contribuiscono significativamente alla longevità e all’efficacia della capriata nel complesso.

Particolarità di una capriata su un tetto alla lombarda.

Nell’architettura dei tetti alla lombarda, la capriata funge da scheletro portante su cui si appoggiano travi perpendicolari. La trave posizionata in cima è conosciuta come “colmareccio”, mentre le travi che si appoggiano direttamente sui puntoni vengono denominate “arcarecci”, o “terzere” nel caso in cui dividano la falda in tre sezioni. Ulteriori travi perpendicolari, dette “travetti” o “travicelli”, sono disposte in obliquo, parallele ai puntoni, formando una struttura di supporto su cui si collocano i “listelli” o “correntini”. Questi ultimi sostengono il manto di copertura, che può essere realizzato con vari materiali come coppi, tegole curve, coppi ed embrici, o tegole stampate.

Per i tetti alla piemontese, la capriata supporta una trave di colmo, attraverso un “gattello” o una “mensola” fissata al monaco, o tramite una “traversa” che collega monaco e puntoni, posizionando questa trave a un’altezza inferiore rispetto alla cima del monaco. Su di essa si appoggiano uno o più “falsi puntoni” per falda, creando strutture intermedie tra due capriate, parallele ai puntoni veri. Questi falsi puntoni supportano gli “arcarecci”, che a loro volta possono sostenere i “travetti” o direttamente i “listelli”, completando così il sistema di sostegno per il manto di copertura.

Statica della capriata

La robustezza della capriata deriva dalla sua sapiente disposizione in forme triangolari, un principio architettonico che garantisce una distribuzione ottimale dei carichi. Al cuore di questa struttura, la sinergia tra i componenti è essenziale: i puntoni e la catena, elementi portanti, si congiungono agli angoli mediante sistemi di incastro, che possono variare da semplici giunti marginali a connessioni più complesse a doppio dente cuneiforme. Questi punti di unione sono ulteriormente consolidati da staffe in ferro, progettate per mantenere l’intera costruzione saldamente ancorata e stabile, evidenziando l’importanza cruciale del dettaglio costruttivo nella realizzazione di strutture durevoli e resistenti.

Nel contesto delle capriate in legno, l’integrazione del monaco con la catena si manifesta attraverso due metodologie distintive, entrambe rivolte a ottimizzare la funzionalità e la resistenza strutturale, pur rispettando le esigenze architettoniche e storiche:

  • Appoggio indiretto mediante ferri ad U o cravatte: in questa configurazione, il monaco è collegato indirettamente alla catena attraverso l’uso di ferri ad U o cravatte, che si ancorano al monaco senza creare un collegamento fisso con la catena. Tale disposizione consente un sostegno per la catena senza instaurare una connessione diretta tra i due elementi. Il monaco, in questa soluzione, pur non essendo sottoposto a tensioni significative, gioca un ruolo cruciale nel limitare la flessione della catena e nel mantenere la coesione strutturale tra saette e puntoni, assicurando la complanarità dell’intero sistema. Questo approccio, prevalente dal tardo Rinascimento e ben documentato nella letteratura tecnica dell’Ottocento (ad eccezione delle prassi costruttive francesi), riflette la metafora del monaco: un elemento che, sebbene non imprescindibile per la statica, regola e sostiene l’armonia dell’insieme, analogamente al ruolo spirituale e materiale dei monaci.
  • Connessione a cerniera per una maggiore efficienza: questo metodo prevede l’istituzione di una connessione, flessibile o rigida, simile a un giunto a cerniera tra monaco e catena, configurando così una struttura reticolare compiuta. Tale tecnica, tipica del periodo medievale, introduce un significativo incremento dell’efficienza strutturale: con lo stesso impiego di materiali, una capriata dotata di tale connessione può sopportare carichi maggiori rispetto a quelle sviluppate successivamente al Rinascimento. Questo sistema sfrutta appieno le potenzialità del legno, distribuendo efficacemente gli sforzi di trazione (soprattutto nella catena), compressione (nelle saette) e pressoflessione (nei puntoni), testimoniando l’evoluzione delle tecniche costruttive nel tempo e l’adattamento delle soluzioni architettoniche alle varie esigenze funzionali e contestuali.

La teoria classica delle strutture reticolari

Durante il XIX secolo, l’emergere della teoria classica delle strutture reticolari ha introdotto metodologie grafiche innovative per la valutazione, seppur con notevoli semplificazioni, delle forze operative negli elementi costituenti la capriata. Tra queste metodologie si annoverano il metodo delle sezioni o di Ritter, che permette di isolare una porzione della struttura per calcolarne le forze interne; il metodo di equilibrio dei nodi, focalizzato sull’analisi delle forze in gioco nei punti di incontro tra gli elementi; e il metodo di Cremona, un approccio grafico per la determinazione delle tensioni nei vari componenti della struttura, basato sulla costruzione di un diagramma di forze.

Teoria dell’elasticità

Alla fine del XIX secolo, i progressi nella teoria dell’elasticità, e in particolare il teorema di Castigliano, hanno arricchito l’arsenale degli ingegneri con strumenti più raffinati per un’analisi accurata delle strutture, consentendo di calcolare le deformazioni e le tensioni in modo più preciso. Questo teorema, basato sul principio dell’energia di deformazione, offre la possibilità di determinare gli spostamenti dei nodi e le tensioni negli elementi di una struttura sotto carico, fornendo così una comprensione più dettagliata del comportamento delle strutture elastiche.

Tuttavia, la complessità dell’applicazione delle equazioni fisico-matematiche limitava l’uso di tali metodi avanzati a casi particolari, a causa della difficoltà nel gestire le numerose variabili e nell’implementare gli schemi statici necessari. Per ovviare a queste difficoltà, furono sviluppate formule specifiche per determinate configurazioni di capriata, al fine di semplificare l’approccio al problema. Queste soluzioni pre-formulate miravano a ridurre la complessità dei calcoli, pur mantenendo un certo livello di accuratezza nell’analisi, ma non eliminavano completamente la natura laboriosa di tali calcoli.

In sintesi, il passaggio dai metodi grafici semplici a tecniche basate sulla teoria dell’elasticità segna un’evoluzione significativa nella capacità di analizzare e progettare strutture reticolari complesse, riflettendo il progresso continuo nella comprensione scientifica e ingegneristica delle forze e delle deformazioni nelle costruzioni architettoniche.

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