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Professionisti

Università italiana e ordini professionali: mondi separati e distanti

Per il CNI l’università italiana non prepara (bene) alla professione di ingegnere

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Criticità e scollamento tra università italiana e sistema ordinistico, difformità di contenuti nei percorsi formativi della stessa classe di laurea tra un’università e l’altra; offerta formativa che non sempre fornisce tutte le competenze attinenti al profilo professionale. Queste, in estrema sintesi, le note dolenti del rapporto stabilitosi in Italia tra mondo della formazione e le professioni che emerge dalla ricerca diffusa dal Centro Studi del CNI: “Esercizio della professione di ingegnere e formazione universitaria: un rapporto da rinsaldare”.

Lo studio del CNI sulla qualità dell’università italiana rapportata al collegamento con  il mondo della professione di ingegnere, è nato allo scopo di analizzare a fondo l’offerta formativa universitaria nel settore dell’ingegneria, soprattutto alla luce delle evoluzioni normative che negli ultimi anni hanno modificato radicalmente sia il sistema universitario che l’accesso all’albo professionale.

Lo studio mette a confronto i percorsi formativi di tutti i corsi di laurea di primo e di secondo livello dell’ambito ingegneristico, suddivisi per classe di laurea, con un’analisi dettagliata dei settori scientifico-disciplinari coinvolti e dei crediti attribuiti ad ogni insegnamento. L’analisi , realizzata esaminando 1.008 piani di studio delle facoltà di ingegneria, di cui 412 di primo livello, 34 corsi magistrali a ciclo unico e 562 corsi di laurea magistrale, è stata suddivisa in due fasi, realizzate rispettivamente nel 2013 e nel 2014.

“Dalla nostra ricerca” ha affermato Luigi Ronsivalle, Presidente del Centro Studi CNI “emergono quattro differenti criticità nel rapporto università italiana – mondo del lavoro, che descrivono la delicatezza e la complessità della questione legata alla formazione universitaria degli ingegneri”

La prima criticità evidenziata dal CNI riguarda la possibilità o di accedere all’albo degli ingegneri anche per i laureati provenienti da Dipartimenti focalizzati su metodi e discipline distanti dall’Ingegneria, come Matematica, Fisica e Scienze Naturali, la seconda invece riguarda l’impossibilità per alcuni laureati delle classi di laurea ingegneristiche di sostenere l’esame di Stato per l’abilitazione professionale, e la terza è la non corrispondenza biunivoca tra corso di studi e settore dell’Albo professionale a cui è possibile iscriversi. Ma c’è anche una quarta incoerenza, e riguarda la differenza  tra corsi di primo e secondo livello per quanto concerne l’accesso all’albo professionale.

“Siamo di fronte” continua Ronsivalle “ad una eterogeneità e a disallineamenti tra i vari corsi di studio compresi nel vasto alveo dell’ingegneria. Alcune delle asimmetrie sono prive di logica. Per fare un esempio, ci sono classi di laurea in cui, se lo studente ha conseguito un diploma di primo livello, può iscriversi alla sezione B dell’albo degli ingegneri, ma se prosegue gli studi e consegue il corrispondente titolo di secondo livello non può iscriversi nella sezione A dell’albo”.

Una responsabilità formativa che, secondo il CNI, non è possibile addebitare in toto all’università italiana.

Il documento diffuso in questi primi giorni di luglio, mostra infatti come gli Atenei, colpiti pesantemente da tagli di spesa e da frequenti cambiamenti normativi, siano stati obbligati a trasformare rapidamente e spesso radicalmente l’architettura dei corsi, dovendo sfruttare al massimo le scarse risorse economiche e umane disponibili.

“ Gli Ordini professionali” conclude Ronsivalle “ dal canto loro, si sono trovati di fronte ad un decreto, il DPR.328/2001, che ha mutato completamente l’accesso agli albi professionali ed in particolare all’albo degli ingegneri, consentendolo anche a nuovi profili prima esclusi, come ad esempio gli informatici o alcune categorie di architetti e di dottori “specialistici” in Scienze matematiche, fisiche e naturali e, contemporaneamente, impedendolo ad altri”

L’indagine del CNI , che non mancherà di suscitare discussioni, soprattutto visto il periodo di riforma che sembra investire il mondo della scuola, mostra come in diversi casi le competenze acquisite presentino lacune in settori disciplinari peculiari dell’Ingegneria. Lo studio mostra come i 180 crediti necessari per conseguire la laurea vengano suddivisi tra le diverse attività formative con modalità che variano sensibilmente da corso a corso e che spesso non riescono a rappresentare una formazione adeguata.

 

Per queste ragioni, il documento del Centro Studi CNI sottolinea l’opportunità di un’attività di monitoraggio continuo dell’offerta formativa ingegneristica italiana, in accordo e con la collaborazione della Conferenza per l’Ingegneria, già coinvolta nella discussione sulle risultanze di questa ricerca.

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